Il contesto generale – alcune fonti


Rapporto Ombra CEDAW 2017 

Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna

[…]

- Relativamente allo sport, la situazione italiana evidenzia la necessità di investire sia in termini strategici sia economici da parte delle istituzioni preposte affinché si offrano pari condizioni, agli uomini come alle donne, per l’esercizio dell’attività fisica, della pratica sportiva amatoriale fino a quella agonistica della carriera nello sport. 

- Relativamente alla partecipazione delle donne alla pratica sportiva agonistica, la legge 91 del 1981 che attualmente accoglie, su indicazione del Comitato Olimpico Nazionale Italiano – CONI, le discipline sportive del calcio, del basket, del golf e del ciclismo, sono tutte considerate unicamente maschili. Questa limitazione, pertanto, costringe tutte le atlete italiane, senza alcuna distinzione, a un "dilettantismo forzato", nel quale non hanno alcun diritto e alcuna tutela, anche in caso di maternità.

- Sulla "rappresentanza" delle donne nella politica sportiva, il recentissimo rinnovo elettivo degli organi del CONI ha confermato solo 8 donne su 82 componenti del Consiglio Nazionale del Comitato Olimpico Italiano. Su 45 presidenti delle Federazioni Sportive Nazionali, nemmeno uno è donna.

[…]

- O -

Tesi di laurea triennale - Faggioni Emily 2021/2022

Abilismo e società: scuola, lavoro e sport tra inclusioni e discriminazioni

[…]

“La società dispone di un insieme prescritto di standard in base ai quali ci misuriamo tutti, e quando la composizione o la funzione biologica di qualcuno non soddisfa questi standard, si presume che egli sia inferiore ed è soggetto a una diminuzione dell’inclusione nella società” (Devine, 1997). L’ambito sportivo è uno dei contesti in cui questo insieme di standard acquisisce maggior forza e sostegno. Lo sport, infatti, ha il primato nell’esaltazione del corpo perfetto, allenato ed adeguato, dimostrando poca tolleranza nell’accettazione della diversità corporea. L’obiettivo chiave, infatti, è proprio quello di scindere gli atleti secondo alcune caratteristiche come la forza fisica, la velocità o la resistenza (Brittain, 2004). Lo sport è progettato proprio per evidenziare e definire gli estremi della perfezione fisica corporea, trasmettendo così l’idea che lo sport sia accessibile e “adatto” solo per persone senza disabilità. Sportivi con disabilità sono invece considerati come la rappresentazione di un’imperfezione biologica, e la società stessa sostiene l’idea che per loro non ci sia “un bisogno culturalmente riconosciuto di competizione e sport al di là dei programmi terapeutici” (Mastro et al., 1988). È così che molto facilmente persone con disabilità vengono escluse da attività sportive in quanto incapaci di riuscire a soddisfare quegli standard fisici e di prestazione che si sono creati nel corso del tempo solo sulla base di questo “ideale corpo perfetto”.

Numerose ricerche sono state condotte al fine di analizzare l’impatto che l’abilismo ha nel mondo sportivo e lo studioso Brittain (2004) ha rilevato come esistano molteplici barriere ambientali e attitudinali alla partecipazione sportiva di persone con disabilità, e Hoekstra et al. (2018) affermano come quest’ultime siano statisticamente meno attive fisicamente rispetto alle persone senza disabilità. In uno studio dello Sport England (2001, p. 42) si è dimostrato come il 19% degli intervistati con disabilità dichiara di non partecipare ad alcuna attività sportiva a causa dell’inibizione percepita dal confronto con gli altri o della discriminazione da parte del pubblico. Gli stessi genitori di molti ragazzi e ragazze con disabilità si rifiutano di iscrivere il proprio figlio o la propria figlia ad attività fisiche potenzialmente benefiche, fisicamente e socialmente, per paura che possano farsi male, che siano incapaci o derisi (Thierfeld & Gibbons, 1986). L’attività fisica è infatti spesso vista come mera forma di riabilitazione fisica per persone con disabilità, senza considerare la possibilità che essa possa effettivamente essere utile anche per la salute e la sfera relazionale di queste persone (Brittain, 2004). Sono stati infatti studiati numerosi benefici nel praticare uno sport soprattutto a livello psicosociale, come maggiore responsabilizzazione, capitale sociale, senso di appartenenza ad un gruppo e una migliore percezione di sé che contribuisce positivamente alla salute psicologica (Jeffress & Brown, 2017). […] Questa marcata discriminazione della disabilità nel mondo sportivo è diventata nel corso degli anni una preoccupazione generalizzata a livello globale, e per questo si è cercato di promuovere delle legislazioni a favore dell’inclusione, come quella della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, in cui l’articolo 30 sostiene il diritto inviolabile delle persone con disabilità alla partecipazione ad “iniziative culturali, di svago, tempo libero e sport” (Márton et al., 2013). 

[…]

- O -

https://www.yakagency.com/

Donne, sport e gender equality: a che punto siamo?

La leadership e il processo decisionale sono tra le principali sfide che lo sport deve affrontare in termini di uguaglianza di genere. Il principio di gender equality è condiviso da molti e citato spesso nei documenti istituzionali, ma al pratico trova raramente un riscontro. In Italia, su 44 federazioni sportive c’è solo una donna ai vertici, la neoeletta Antonella Granata, prima storica presidentessa di una federazione sportiva nazionale, quella dello Squash. Di recente sono salite da 4 a 13 le vicepresidenti di federazione ma il numero di quote rosa con effettivo potere decisionale resta ancora molto basso. E anche in Europa la situazione resta critica con una sola donna presidente (Hockey) contro 27 uomini. 

Il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) si sta impegnando sul tema, e ha dichiarato di porsi l’obiettivo della parità di genere ai Giochi Olimpici di Parigi 2024, dopo aver mosso i primi passi in questa direzione già a Tokyo 2021, dove si è raggiunto il 49% di atlete donne. Secondo il recente statement del CIO sulla gender equality, ad oggi le donne rappresentano il 37.5% fra i membri totali del CIO, il 33,3% nel IOC Executive Board (contro il 26,6% pre-Olympic Agenda), il 47,8% dei membri delle commissioni CIO (erano il 20,3% nella pre-Olympic Agenda) e il 53% nell’amministrazione del Comitato stesso.

L’empowerment femminile passa anche dallo sport

Secondo una ricerca del CONI, lo sport italiano ha un bassissimo livello di partecipazione femminile nei ruoli di leadership, inferiore al 10%. Un tema di rilevante importanza è proprio quello della leadership femminile nello sport, non in campo, ma all’interno dei processi decisionali. L’argomento è approfondito molto bene da Step Up Equality, un progetto condotto a livello europeo.  

Secondo la loro analisi, le limitazioni esistenti derivano sia dalle barriere strutturali, quali valori e pratiche istituzionali discriminatorie, sia da atteggiamenti e stereotipi di genere. Molte donne hanno superato questi ostacoli e hanno ottenuto grandi successi, recando un significativo vantaggio alla società e promuovendo il cambiamento. 

Per i suoi valori e le sue caratteristiche, lo sport “giocato” rappresenta una delle vie da intraprendere per l’empowerment femminile. Lo sport infatti è portavoce di una serie di principi e di insegnamenti, come la fiducia in sé stessi e il sacrificio per raggiungere un obiettivo, che possono essere fattori di successo anche in campo lavorativo. Lo sport può essere un alleato affinché le donne prendano sempre più coscienza delle proprie potenzialità e capacità e che, raggiunta questa consapevolezza, possano abbattere ogni barriera. 

Le giovani donne oggi ritrovano nelle atlete modelli di femminilità, grinta, carattere ed energia. Esempi positivi da cui lasciarsi ispirare e motivare e che le portino a mettersi in gioco in qualsiasi campo desiderino. 

Fonti:

https://stepupequality.geacoop.org/ 

https://www2.deloitte.com/xe/en/insights/industry/technology/technology-media-and-telecom-predictions/2021/womens-sports-revenue.htm

https://forbes.it/2021/06/04/la-classifica-dei-50-sportivi-piu-pagati-al-mondo/ 

https://www.thismarketerslife.it/marketing/lempowerment-femminile-nello-sport/ 

https://www.agi.it/sport/news/2021-03-19/donne-quote-rosa-federazioni-sportive-coni-11832287/

- O -

Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile 

Obiettivo 5: Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze

Mentre il mondo ha fatto progressi nella parità di genere e nell’emancipazione delle donne attraverso gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (tra cui la parità di accesso all’istruzione primaria per ragazzi e ragazze), donne e ragazze continuano a subire discriminazioni e violenze in ogni parte del mondo.

La parità di genere non è solo un diritto umano fondamentale, ma la condizione necessaria per un mondo prospero, sostenibile e in pace. Garantire alle donne e alle ragazze parità di accesso all’istruzione, alle cure mediche, a un lavoro dignitoso, così come la rappresentanza nei processi decisionali, politici ed economici, promuoverà economie sostenibili, di cui potranno beneficiare le società e l’umanità intera.

5.1     Porre fine, ovunque, a ogni forma di discriminazione nei confronti di donne e ragazze

5.5     Garantire piena ed effettiva partecipazione femminile e pari opportunità di leadership ad ogni livello decisionale in ambito politico, economico e della vita pubblica

5.a     Avviare riforme per dare alle donne uguali diritti di accesso alle risorse economiche così come alla titolarità e al controllo della terra e altre forme di proprietà, ai servizi finanziari, eredità e risorse naturali, in conformità con le leggi nazionali

5.c     Adottare e intensificare una politica sana ed una legislazione applicabile per la promozione della parità di genere e l’emancipazione di tutte le donne e bambine, a tutti i livelli

- O -

Terre des Hommes – InDifesa 2022

La condizione delle ragazze e delle bambine nel mondo.

Finanziato e sostenuto dal programma Erasmus dell’Unione Europea, ‘Cases: General Report’ è un’operazione ambiziosa e imponente condotta recentemente in sei Paesi europei (Austria, Belgio, Germania, Romania, Spagna, Gran Bretagna), e altrettante Università: attraverso un campione di 1.472 atleti di età compresa fra i 18 e i 30 anni per ogni Paese si è arrivati all’impressionante numero di 10.302 intervistati sulle diverse declinazioni della violenza nello sport: fisica, emotiva, sessuale, negligenza e abbandono.

“Gli esiti sono sconvolgenti”, commenta Simonetti. “Il 75% degli intervistati ha riferito di aver vissuto almeno una esperienza legata alla violenza nel contesto sportivo prima dei 18 anni. L’esperienza di abuso più diffusa è di natura emotiva con il 44%, segue la violenza fisica con il 37%, poi la violenza sessuale senza contatto fisico con il 35% e la violenza sessuale con contatto fisico con il 20%”.

I casi di abuso aumentano mano mano che la carriera sportiva dell’atleta va avanti e progredisce: l’84% degli intervistati che ha sperimentato forme di violenza ha partecipato a competizioni internazionali, mentre il 68% delle vittime appartiene invece alla fascia amatoriale. Il 37% degli atleti interpellati ha sperimentato esperienze legate all’abbandono e trascuratezza (negligenza).

La violenza psicologica e quella fisica vengono perpetrate con maggiore frequenza sui bambini e le bambine fra i 7 e 13 anni, quella sessuale ricade principalmente nella fascia 14-15 anni.

Ma chi sono gli autori dell’abuso? “Intanto sono prevalentemente maschi”, spiega Simonetti. “Per la violenza psicologica (48%), violenza sessuale senza contatto fisico (40%) e violenza sessuale con contatto fisico (34%), la maggioranza degli intervistati ha indicato i propri compagni di squadra o persone di pari età. Un atleta su cinque ha indicato il coach come autore dell’abuso sessuale (con o senza contatto fisico)”.

- O -

Lo stato di salute della pratica sportiva in Emilia-Romagna 

Report 2022

Per quanto riguarda la provincia di Parma si registra una diminuzione del numero degli atleti tesserati (-10,9%), a fronte di un aumento del 13,07% per quanto riguarda le altre figure che coadiuvano le attività. Parma occupa il quinto posto in Regione per numero di tesserati sportivi (95.207), e presenta una percentuale di iscritti per genere uguale alla media dell’Emilia-Romagna, rispettivamente 36% femmine e 64% maschi. Esaminando le discipline sportive, la provincia vanta un buon numero di tesserati nell’arrampicata sportiva e nel rugby. Merita un richiamo anche l’ottavo posto del baseball. Le prime posizioni sono, invece, occupate dagli sport più diffusi sul territorio regionale e nazionale. 

Per quanto concerne i luoghi dedicati all’attività motoria, invece, dispone di quasi 2.000 spazi con una densità pari a 0,58 e un ID per 1.000 abitanti di 5,6, valore quest’ultimo superiore alla media regionale (5,1). 

Scuole Primarie 

Nella provincia di Parma cresce la richiesta di spazi sportivi vicino a casa (con il 36,19% rispetto al 32,88% del dato globale) e la possibilità di svolgere attività sportive a scuola nel pomeriggio (il 47,62% a fronte del 46,9% della Regione).  Si verifica una diminuzione della percentuale dei praticanti sportivi con il valore del 16,23% che si distingue dal 12% regionale. Più alta, invece, la percentuale di bambini che durante le restrizioni causate dal covid hanno continuato a fare attività: infatti, ‘solo’ il 38,54% non ha praticato, a fronte di valori ben più alti riscontrati in Regione (dato medio 42,37%). 

Scuole Secondarie di primo grado 

Al pari della categoria precedente, anche per questa fascia si riscontra la necessità di aumentare la presenza di spazi vicino a casa dove poter svolgere attività fisica e di modulare differentemente gli orari dei corsi. Inoltre, è opportuno segnalare che l’utilizzo di impianti sportivi privati per questa fascia d’età non è cambiato a causa della pandemia, stabilizzandosi ben al di sotto della media regionale (pre-pandemia: 18,45% contro 26,68%; post-pandemia 17,72% contro 25,91%).  Infine, il valore di ragazzi che continuano ad utilizzare device per l’attività sportiva è, seppur di poco, superiore alla media regionale (rispettivamente 6,38% e 5,78%). Per la restante parte di informazioni non si evidenziano particolari specificità. 

Scuole Secondarie di secondo grado 

Nella provincia di Parma, tra i motivi di allontanamento dallo sport e di mancata pratica, si colloca con una percentuale consistente - il 36, 42% rispetto a quella regionale del 7,05% - la motivazione familiare, ovvero che i genitori prediligono altre attività per i figli. Rilevante è anche la riduzione di iscritti presso una Federazione che avviene nel passaggio dalla scuola secondaria di primo grado a quella di secondo grado: 23,17% e 18,35%. Inoltre, quest’ultimo dato risulta in netto distacco dalla media regionale dei ‘pari età’ (33,72%). Attualmente il maggior numero di studenti pratica sport presso la propria abitazione (31,8% rispetto alla soglia regionale del 16,22%), seguita da parchi e spazi e pubblici con il 22,02% a fronte del 16,42% regionale. Il 56,99% ha continuato a fare sport come prima della pandemia (dato regionale del 50,23%), mentre il 25,76% degli intervistati ha utilizzato la tecnologia a supporto della pratica sportiva (valore regionale del 31,66%) limitatamente al periodo delle restrizioni. 

Indagine quantitativa 

La frequenza di pratica rilevata dall’indagine dell’Istituto Piepoli pone la pratica con frequenza di 2-3 volte a settimana del 27% superiore a 2 punti percentuali della soglia regionale. Il 55% sceglie di praticare all’aria aperta rispetto al 50% del dato globale rilevato, mentre i principali motivi di non pratica risiedono per il 47% sia nella mancanza di tempo (dato più basso rispetto al 52% regionale) sia nel non provare piacere nel praticare sport (valore che supera la soglia regionale del 44%). Sotto la soglia della media della Regione si pongono le valutazioni degli impianti con il 92% degli intervistati che riconosce sufficiente il numero di impianti e strutture offerte dalle associazioni sportive territoriali e l’89% che è molto/abbastanza soddisfatta degli impianti/strutture presenti nel luogo dove vive. 

- O -

Violenza sulle donne e criminalità minorile: dati allarmanti in Emilia-Romagna

Seconda regione in Italia per i femminicidi: undici casi nel 2022. "Poderoso aumento dei reati fra i giovani, + 21%. Per le estorsioni + 46%"

https://parma.repubblica.it/cronaca/2023/01/29/news/violenza_sulle_donne_e_criminalita_minorile_dati_allarmanti_in_emiliaromagna-385564532/

Donne sempre più vittime e minori sempre più carnefici.

Sono dati allarmanti quelli che affiorano dalle relazioni dell’apertura dell’anno giudiziario, celebrato ieri in Corte d’Appello. I numeri collocano l’Emilia-Romagna al secondo posto, dopo la Lombardia, tra le regioni con più femminicidi e con "un poderoso aumento", dice il procuratore generale facente funzioni Lucia Musti, "di reati legati alla criminalità minorile (più 21%)".

Cresce il numero dei reati commessi dai ragazzi, ma soprattutto si tratta di crimini sempre più gravi, "riconducibili - spiega Musti - alla violenza di genere".

Le statistiche parlano di un + 30% per le violenze sessuali, +14% per lo stalking, +19% per il revenge porn e +12% per i maltrattamenti. Non solo, rispetto al 2021, nel 2022 sono aumentate lesioni (+ 31%), rapine (+ 8%) e estorsioni (+ 46%), "espressioni di un sempre maggior ricorso alla violenza, spesso senza scopo o per beni di scarso valore".

In tema di "allarmi" bisogna inoltre considerare l’età di chi commette i reati perchè gli indagati con meno di 14 anni sono aumentati del 38%. Sullo sfondo della criminalità giovanile, per Musti, c’è "il fenomeno delle cosiddette baby gang", per il quale "si è assistito, negli ultimi mesi, ad un aumento di denunce".

Nel mirino dei giovani criminali ci sono quasi sempre altri giovani, spesso ragazzine per quel che riguarda i reati a sfondo sessuale. Le donne sono quindi vittime sia da minorennii che da adulte. Non è un caso che il presidente della Corted’Appello, Oliviero Drigani, si rivolga così alla magistratura inquirente: "Sento sempre più spesso la frase 'nessuno tocchi Caino', quando si parla di persone che commettono reati e che, naturalmente, vanno tutelate per come previsto dalla legge. Tuttavia è bene iniziare a dire che è soprattutto Abele a dover essere tutelato e difeso".

Drigani ha ricordato che gli 11 femminicidi dell’ultimo anno ( 120 in tutta italia) proiettano l’Emilia-Romagna ai vertici delle regioni "che detengono questo terribile primato". Drigani ha poi segnalato "un notevole aumento dei cosiddetti reati da codice rosso (violenze sessuali, maltrattamenti in famiglia e atti persecutori). In particolare - ha spiegato - si sta assistendo ad un sempre maggior numero di denunce per il reato di maltrattamenti in famiglia, entro le quali particolarmente accentuato è l’aumento di denunce da parte di donne straniere appartenenti a Paesi extra Ue".

 

Commenti

Post popolari in questo blog

Il progetto - obiettivo 2: il sostegno di una comunità

Il progetto - obiettivo 3: l’impegno dei partner